Londra | Serpentine di Herzog&De Meuron

Il Serpentine Galllery Pavilion 2012 quest’anno lo hanno fatto Herzog & De Meuron insieme ad Ai WeiWei.

Hanno deciso di scavare più che costruire: il già-fatto è più del da-fare, va dunque conosciuto meglio e raccontato ancora. Hanno deciso di scavare le fondazioni degli undici padiglioni che dal 2000 li hanno preceduti. O meglio i resti, i frammenti di quelle costruzioni, senza sapere cosa avrebbero trovato, questo è il senso di tutto: non tanto dare forma ad un significato (tema d’anno del concorso Serpentine), non tanto creare un oggetto, ma trovarlo -quel significato- nell’oggetto che c’era, nelle forme fatte e abbandonate, di certo mai viste perché a ciò non deputate, in quanto sepolte. Per ogni vecchio padiglione ora c’è una colonna a simbolo di quel che c’era.

I visitatori questa volta dovranno guardare sotto il prato della Serpentine, se vorrano capirci qualcosa, sarà lo scavo “archeologico” a raccontare ed esplorare la storia nascosta dei suoi padiglioni estivi. Lo scavo è profondo 5 metri fino a raggiungere la falda acquifera sottostante. Stratificazione fisica nella stratigrafia del terreno e storica, nella stratigrafia degli anni, attraverso le forme e i materiali diversi, dei padiglioni che hanno scandito gli undici cicli di un concorso unico al mondo, inventato nel 2000 dalla Serpentine. Il lavoro è stato strutturato per fasi di “lettura” -catalogazione ed identificazione dei ritrovamenti- per cercare di capire a cosa siano appartenuti, a quale padiglione, risalendo a quelli, dai ferri, dalla loro de-formazione, dal colore, (da quanta ruggine li ha corrosi nel tempo?). Sostanza del lavoro: rendere visibile l’invisibile: l’acqua sotterranea e le tracce sepolte, alla stessa stregua degli impianti di servizio urbani, reti telefoniche, elettriche, idrauliche. Dal groviglio alla forma. La forma è data, basta trovarla e renderla conoscibile, esperibile. Un paesaggio unico– diverso – da qualsiasi cosa si sarebbe potuto inventare ex novo.

Valenza psicoterapeutica collettiva nel lavoro analitico di Ai Weiwei ed Herzog&DeMeuron: voltarsi indietro –scavare- per osservare le azioni compiute in passato, e poterlo fare con distacco e senso critico. Accettare nel percorso a ritroso, che oggi quelle azioni sono diventate “altro”, magari brutte, aggrovigliate, indistinguibili, ma interessanti “insieme” –collegate- inaspettatamente l’una all’altra, nel processo in cui si sono costituite. 

Lo scavo ha un tetto come nei cantieri archeologici. È però un tetto d’acqua, come a recuperare la pioggia o l’acqua di risalita dalla falda appena scavata. Piattaforma/contenitore, lente riflettente i cieli di Londra. Il tetto-vasca verrà svuotato periodicamente in occasione di eventi. La copertura tetto-acqua poggia sulle colonne erette a testimonianza degli undici pregressi padiglioni. La dodicesima colonna rappresenta il nuovo padiglione.

La fisicità materica e le sensazioni tattili sono affidate all’uso del sughero, tutto è in sughero, pavimenti, rivestimenti e sedute. Il sughero assorbe colpi e rumori, è confortevole, ci si può sdraiare sopra. Al sughero il compito di comporre l’eterna lotta tra natura e artificio, di riporta nel reale l’astrazione delle forme geometriche.

L’impatto è assolutamente originale, inaspettato: l’oscurità, l’assenza di colore, i passi silenti e l’odore sono le conseguenze “poetiche” di un progetto, quelle che trasformano l’Architettura in Arte. Lo stesso Herzog dichiara di sorprendersi del silenzio che si avverte stando dentro l’anfiteatro: non si sentono i rumori della strada, tutto è ovattato, grazie al sughero. Al termine dell’intervista ci chiede un po’ in ansia, se quella scelta, del sughero, ci piace. Domanda insolita da parte di un maestro, che disvela tutta la bellezza dell’incerto, dell’insondabile, che sottende un’idea.

Come testimonia Christine Murray di Architects Journal, l’odore fragrante del Serpentine Pavilion di quest’anno è stato il tema del discorso di apertura tenuto da Richard Rogers, all’afterparty della serata inaugurale. Rogers ha descritto la sua prima visita come una delle esperienze più belle che abbia mai fatto: “Un padiglione incredibile, un buco e un disco in dialogo con il parco, una grotta primordiale, un spazio-utero, l’odore del tappo, non lo dimenticherò mai”. “L’odore rimanda alla sostenibilità” Con così tanti architetti in visita al padiglione, si può scommettere che l’attenzione a questo materiale aumenterà in maniera esponenziale.

È la prima volta che il Serpentine Pavilion viene progettato a più mani ma la scelta è voluta per segnare la continuità tra i Giochi Olimpici di Pechino e le Olimpiadi di Londra. Ai Weiwei e Herzog & De Meuron portano a Londra la staffetta dell’arte che incontra l’architettura come nel “nido cosmico” dello stadio olimpico di Pechino.

Autore anche delle foto: Emilia Antonia De Vivo.

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