Amsterdam, la modernità della tradizione

Frutto di una particolare situazione geografica, espressione di una particolare mentalità collettiva sostanzialmente pratica, aliena dalla retorica e incline all’ordine formale ed alla disciplina spaziale, lo sviluppo pianificato di Amsterdam costituisce una lezione di rigore e di modestia che dovrebbe essere a lungo meditata soprattutto dagli amministratori delle nostre città.

G. Astengo, ‘Urbanistica’ n. 2, 1949

La capitale olandese è da sempre incessante laboratorio di verifica delle teorie architettoniche e urbanistiche, terreno di dibattito sui problemi della città e dell’abitare, luogo che come pochi altri ha saputo tradurre in concretezza le utopie di generazioni di teorici e progettisti. A cominciare dai progetti per Amsterdam Sud di Berlage nei primi anni del Novecento, per proseguire con i quartieri progettati nel primo dopoguerra dalla famosa ‘Scuola di Amsterdam’, primo fra tutti Spaarndammerbuurt di M. de Klerk (capace di coniugare in soluzioni di una felicità quasi irripetibile le esigenze del funzionalismo con una robusta espressività estetica, di matrice quasi espressionista), al Piano Generale di Espansione di van Eesteren del 1935 e fino allo Structuurplan del 1985, la città ha saputo rinnovarsi a ogni cambio di generazione con straordinario vigore.

Amsterdam è una città nata sull’acqua e dall’acqua ha sempre tratto le sue più importanti risorse, anche e soprattutto in termini di creatività. Nel 1987 è iniziata quell’incredibile operazione di trasformazione delle vaste aree dismesse dell’Oostelijke Havengebied, nella zona orientale dell’IJ (il grande canale che costituisce il porto della città), che ha portato nel giro di venti anni alla realizzazione di un altro ‘miracolo’ olandese. L’obiettivo questa volta era particolarmente ambizioso: creare quartieri a due passi dal cuore della città, con la densità di un centro urbano (100 abitazioni per ettaro) e salvaguardando allo stesso tempo gli standard di un villaggio suburbano. In seguito alle mutazioni  delle condizioni del mercato a metà degli anni ’90, il Municipio di Amsterdam si è trovato giocoforza costretto ad approvare la costruzione di edifici poco elevati: i promotori edili infatti temevano di avere un’eccedenza di appartamenti sul mercato e quindi hanno negoziato con il Comune la possibilità di costruire una tipologia di abitazione suburbana caratterizzata dall’ingresso singolo sulla strada per ciascuna casa e con un massimo di 3-4 piani. Il paradosso, costituito da case di tipo suburbano in un contesto da centro storico, richiedeva inevitabilmente la creazione di una nuova tipologia di abitazioni. Ma questo modello gli olandesi ce l’avevano già pronto in casa: si trattava nientemeno che della classica abitazione su canale olandese caratterizzata da lotto stretto (4-5 metri al massimo) e allungato (10-15 metri), con alloggi distribuiti in verticale e accesso individuale.

Nel caso del quartiere Borneo Sporenburg, pianificato dal prestigioso team West 8 di Adriaan Geuze (una firma ormai consolidatissima nel panorama internazionale del landscaping), una soluzione in cui il 30-50% del lotto sarebbe stato lasciato vuoto ha offerto una tipologia inattesa di edilizia abitativa di pochi piani fuori terra in cui, quasi per magia, su una fetta stretta e allungata di case unifamiliari back-to-back si è riusciti a ricavare, oltre agli spazi abitativi abitualmente suddivisi in zone giorno e notte, anche un garage, un patio o un giardino aperto sull’acqua, una o più terrazze/solarium. Anche la formula di affidare in una delle isole residenziali a 100 diversi proprietari il diritto di scegliersi il proprio architetto si è rivelata vincente. La partecipazione di molte decine di professionisti, che hanno risposto con le proprie soluzioni personali alla griglia imposta dal Masterplan, ha conferito all’insieme la varietà e soprattutto la ‘spontaneità’ di un tipico centro urbano, togliendo qualsiasi pericolo di percepirlo come un quartiere pianificato.

Laddove non si riusciva a raggiungere la densità edilizia di progetto si è resa necessaria la costruzione di blocchi di scala ben maggiore (architetture che Rem Koolhaas classificherebbe come architetture di “taglia ExtraLarge”) ad integrazione del minuto tessuto edilizio di tipologia ‘classica’ olandese. Sono i tre ‘meteoriti’, superblocchi di 200-300 appartamenti che sorgono come isole giganti nel mare delle abitazioni più piccole circostanti. Ma anche qui il risultato è stato più sorprendente del previsto, soprattutto nel caso del Piraeus, edificio di Hans Kollhof e Christian Rapp che attraverso la soluzione di aperture e articolazioni sapienti nel taglio delle facciate riesce a creare uno straordinario effetto di varietà in una tipologia (il superblocco a corte) che non di rado altrove ha creato dei mostri urbanistici. Certo non mancano casi meno riusciti come l’Emerald Empire di Jo Coenen (autore del masterplan di KNSM, il quartiere con il carattere più monumentale) più affine forse al Corviale di Roma che ad un isolato della buona tradizione urbanistica centroeuropea; ma nel complesso la formula si è rivelata vincente

Le differenze metodologiche e ideologiche con il Silodam di MVRDV (2002), una ‘nave abitativa ormeggiata’ sull’altro versante del porto e progettata quasi negli stessi anni, che sembra reinterpretare – seppure con notevoli differenze – il modello dell’Unitè d’Habitation lecorbuseriana, è sotto gli occhi di tutti ma non deve necessariamente condurre a un drastico giudizio di confronto in termini di merito.

Grazie anche alla scelta da parte di alcune grandi istituzioni economiche, turistiche e culturali di insediarsi nell’area e di radicarsi in questa nuova ‘porta sull’acqua’ della città, questa zona dei docks orientali dell’Ij è tutt’altro che un quartiere dormitorio: è diventata un’area vitale della città. Il Terminal Passeggeri per le navi della Gemeentelijk Havenbedrijf Amsterdam / NS-stations di Hellmuth, Obata & Kassabaum (una struttura in vetro librata con leggerezza sul molo di Oostelijke Handelskade), il Muziekgebouw di Nielsen&Nielsen (edificio proteso sull’acqua alla testata della stessa isola e che ricorda molto l’exploit della pensilina di Mies van der Rohe nella Neue Nationalgalerie di Berlino), gli stessi edifici del Mövenpick Hotel e del Lloyd Hotel di MVRDV , ottenuto quest’ultimo ristrutturando lo storico fabbricato della Royal Dutch Lloyd Line come nuova “ambasciata culturale” per architetti e designers, hanno ulteriormente incrementato le potenzialità dell’area, già contigua peraltro ad altri celebri landmarks del paesaggio cittadino quali il New Metropolis-Nemo di Renzo Piano e il nuovo polo dell’ Oosterdokseiland, caratterizzato dagli edifici della Biblioteca Pubblica di Jo Coenen e del Conservatorio di Musica di Frits van Dongen.

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