Napoli | PLART

La considerevole rivalutazione dell’immagine di Napoli, in questi ultimi tempi, ha imboccato la strada giusta, strano a dirsi, grazie alla onnipresente Plastica. Gli appassionati marcherebbero il concetto affermando che la plastica è diventata oggetto di culto da conservare ed ammirare. Non si può lasciare nel dimenticatoio o peggio in una discarica, le variopinte sedie di Gaetano Pesce, l’appendiabiti a forma di cactus di Franco Mello e Guido Drocco e molti altri oggetti ancora. Ecco che, grazie alla preziosa collezione privata dell’imprenditrice Maria Pia Incutiti, tutti o almeno quasi tutti sono in bella mostra al PLART di Napoli.

1.000m² dedicati all’arte e al design, che raccontano la storia degli usi e costumi della nostra società in continua evoluzione, partendo dall’Ottocento agli anni ‘70 del secolo scorso. Ad aprile (il primo), per l’inaugurazione della nuova sezione multimediale della Fondazione, intitolata ‘Plastiche Alchemiche’, a cura dell’Arch. Cecilia Cecchini e sviluppata da Interaction Design-Lab, sono stati chiamati Elio Caccavale (The University Dundee) e l’Associazione Xtend3dLab (ex-studenti NABA). In progetto, delle installazioni interattive con proiezioni, suoni e colori ispirate ad un oggetto della collezione Plart. E non solo, legate ad un messaggio di sostenibilità ambientale, “Da un mare di petrolio a un campo di girasoli” che evidenzia l’evoluzione della plastica, da quella derivata dal petrolio alla bio-plastica, prodotta con materie prime vegetali rinnovabili.

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