Milano | Danish Chromatism di Signe Byrdal Terenziani

In pochi decenni il design danese si è imposto nelle case, sulle riviste patinate, nelle fiere mondiali. L’esordio mediatico risale agli anni ’60 durante il duello televisivo tra Kennedy e Nixon, comodamente seduti sulla Danish chair di Hans J. Wegner. È stata poi la volta delle lampade di Poul Henningsen -designer dallo stile provocatorio e dalla lingua affilata- seguite dai thermos Stelton di Erik Magnussen stazionati nelle cucine di tutto il mondo.

L’exploit è stato il riconoscimento della Danimarca come leader globale nel settore con l’ennesima esposizione a conferma di tale primato: la Danish Chromatism. Un’installazione disegnata da GamFratesi -professionale tra un architetto italiano e danese, presentata da Signe Byrdal Terenziani alla Triennale di Milano durante l’ultima edizione del Milan Design Week.

Una fortuna per i meneghini che hanno potuto ammirare una selezione accurata di oggetti di uso quotidiano antichi e contemporanei, provenienti da 30 aziende danesi. Il progetto è infatti il frutto della cooperazione e la condivisione di esperienze di società diverse che hanno rinunciato all’individualismo e allo spirito di competizione per reinterpretare l’estetica tradizionale attraverso un’interpretazione cromatica inusuale. Lo spettatore ha potuto vivere così un’esperienza sensoriale unica grazie anche all’antitesi tra classico e moderno data dal gioco di colori posti su diversi livelli spaziali ispirato al lavoro di Josef Albers. Nuove forme di pensiero, linee morbide e funzionalità, eccentrici cromatismi, rivisitazione del passato, una visione estetica improntata al pragmatismo, un’arte realista e idealista al contempo: ecco cosa fa del design danese un’industria viva, all’avanguardia ed ineguagliabile.

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